La Basilica

La Basilica Collegiata

di San Giuseppe

in Seregno

di Giorgio Picasso

1. Le origini.


2. La dedicazione della chiesa nel 1881 compiuta dal Patriarca Ballerini.


3. La chiesa di Seregno divenuta collegiata.


4. Nuovi lavori per la sistemazione della collegiata.


5. L’elevazione della collegiata all’onore di basilica (11 maggio 1981).


6. La visita del Santo Padre Giovanni Paolo II alla basilica di Seregno (21 maggio 1983).


7.Il nuovo prevosto e la definitiva sistemazione della basilica.

NOTA BIBLIOGRAFICA

1. Le origini.

Le origini della basilica prepositurale di Seregno, dedicata a san Giuseppe, ci riportano alla seconda metà del Settecento, quando dal governo austriaco che allora dominava anche sull’antico territorio del ducato di Milano, fu decisa, in accordo con l’arcivescovo di Milano, che era allora il cardinale Giuseppe Pozzobonelli, la costruzione di una chiesa parrocchiale, unica per tutto il borgo e dedicata a san Giuseppe. La decisione è quanto meno sorprendente perché nella medesima circostanza era stato decretato di abbattere le due chiese parrocchiali preesistenti, una – la più antica e la più importante – dedicata al martire san Vittore, titolare del vicino e prestigioso monastero benedettino femminile di Meda, e l’altra più recente, ma essa pure di origini medievali, intitolata a sant’Ambrogio. A questo punto la vicenda diventa persino curiosa, ma è stata ricomposta con la necessaria documentazione, anche in opere abbastanza recenti, alle quali rimandiamo il lettore. Qui basti dire che da almeno due secoli i due centri di vita parrocchiale, sedi di proprie confraternite (i cosiddetti rossi a S. Vittore e i bianchi a S. Ambrogio) erano tra loro in contesa, evidentemente per un malinteso senso di orgoglio religioso, giungendo a manifestazioni che preoccuparono specialmente l’autorità religiosa, senza lasciare indifferente, per ragione di ordine pubblico, il governo austriaco, che si era insediato a Milano nel 1748, a seguito del trattato di Aquisgrana, ed intendeva promuovere una politica di sviluppo sociale che presupponeva anche una ridistribuzione più funzionale dei beni ecclesiastici. Ma a Seregno non si trattava soltanto di questo: occorreva riportare nel borgo quella pace religiosa che neppure i provvedimenti adottati dei due celebri arcivescovi di Milano, san Carlo Borromeo e il cardinale Federico, suo cugino, erano riusciti a ottenere. San Carlo fu in visita pastorale a Seregno nel 1579; il cardinale Federico, di manzoniana memoria, nel 1604. L’uno e l’altro, preoccupati della situazione religiosa del borgo avevano emanato decreti che avrebbero dovuto riportare pace negli animi dei seregnesi; ma non fu così. Il rimedio venne soltanto con la soppressione delle due chiese e delle due confraternite. Espressione di questa instaurata unità doveva essere una nuova chiesa, edificata a metà strada tra le due precedenti che dovevano sparire: quelle erano state, loro malgrado, segno di divisione, la nuova doveva essere simbolo dell’unione di tutti i fedeli, attorno ad un parroco e ad un battistero con una liturgia unica per tutte le feste, celebrate nella nuova chiesa.
La posa della prima pietra della nuova e unica chiesa parrocchiale avvenne il 27 agosto del 1769 alla presenza del conte Firmian e del prevosto di Desio, Melchiorre Zucchelli. Se la dedicazione a san Giuseppe, protettore del cardinale arcivescovo, non presentò difficoltà trattandosi di un culto non nuovo a Seregno, e che allora si diffondeva nella diocesi, assai più complessa fu la scelta del progetto della nuova chiesa, ubicata ad uguale distanza dall’una e dall’altra, come si è detto.
In un primo tempo si ricorse all’architetto barnabita Ermenegildo Pini, ma il grandioso progetto di una chiesa rotonda capace di accogliere 3600 fedeli non fu portato a termine per la mancanza di fondi. Il progetto fu rimesso in discussione nel 1771 e i lavori si fermarono per quasi dieci anni, finché fu approvato il progetto di Giulio Galliori, che ridusse sensibilmente la grandiosità del piano originario alle attuali dimensioni. Ritrovato il consenso, i lavori procedettero spediti, e il 6 maggio 1781, terza domenica di Pasqua e festa del Patrocinio di san Giuseppe, la nuova chiesa fu inaugurata con la gioiosa partecipazione dei fedeli del borgo; il p. Paolino di S. Chiara, provinciale degli agostiniani scalzi, pronunziò il discorso sviluppando il tema biblico: «Magna erit gloria domus istius novissimæ … et in loco isto dabo pacem» (Aggeo, 2.10), senza tuttavia dimenticare ampi riconoscimenti al governo che aveva favorito l’esecuzione dell’opera, alla piena armonia tra l’arcivescovo Giuseppe e l’arciduca Ferdinando, e al popolo di Seregno che, «quasi vir unus» (Esdra, 3), dimenticando le antiche turbolenze, aveva collaborato ad edificare questo «divino porto di pace».
In seguito l’interno della nuova chiesa fu rifinito e abbellito con vari altari, tele preziose, ma specialmente con il ciborio di bronzo dorato, con pietre preziose, collocato sull’altare maggiore. Fu ottenuto alla chiesa di san Giuseppe, su richiesta della seregnese confraternita del SS.mo Sacramento, dalla soppressa chiesa milanese di Santa Caterina di Brera nel 1786.
Parroco del borgo nel giorno della inaugurazione della “rotonda” era ancora il sacerdote Giovanni Battista Montano, ma già nel dicembre di quello stesso anno fu trasferito alla parrocchia di Venegono Superiore. Gli successe il bustese don Gioacchino Boldrini, il quale può essere considerato il vero primo parroco dell’unica parrocchia di Seregno, con sede nella nuova chiesa di San Giuseppe. All’inizio dovette sostenere ancora qualche conseguenza della atmosfera accesa dei secoli precedenti, ma ebbe il merito di impostare la vita parrocchiale in senso unitario. Quando morì nel 1821, dopo 40 anni di permanenza a Seregno, fu da tutti compianto.
Dal 1837 era parroco di Seregno don Luigi Colombo. La parrocchia di Seregno continuava a far parte dell’antica pieve di Desio. Nel 1841 l’arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Gaetano Gaysruk, eresse la parrocchia si Seregno a prepositura del tutto autonoma dalla pieve di Desio, riconoscendo in tal modo gli sviluppi della vita religiosa cristiana durante gli ultimi cento anni. Il Colombo fu pertanto il primo parroco di Seregno a portare il titolo di prevosto.

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2. La dedicazione della chiesa nel 1881 compiuta dal Patriarca Ballerini.

Al Colombo, primo prevosto di Seregno, successe nel 1854 il sac. Saverio Comelli: il quale durante il trentennale governo della prepositura ebbe la sorte – ma anche il merito – di accogliere a Seregno, nella sua parrocchia, il 3 luglio 1868 il patriarca titolare di Alessandra d’Egitto, mons. Paolo Angelo Ballerini, reduce da una tristissima e lunga vicenda che gli impedì di prendere possesso della sede arcivescovile di Milano alla quale era stato canonicamente eletto dal papa Pio IX nel concistoro del 20 giugno 1859, a seguito della designazione fatta dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, in base al concordato tra la Santa Sede e l’Austria del 1855.
Mons. Ballerini, inviso ai cosiddetti patrioti e al governo sabaudo che nel frattempo era subentrato a Milano alla dominazione austriaca, specialmente a causa delle circostanze della sua nomina, ricevette nella Certosa di Pavia la consacrazione episcopale nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1860; ma non riuscì a prendere possesso della sede arcivescovile e dopo sette lunghi anni di sofferenze e peripezie, nel 1867 rinunciò alla cattedra milanese; fu trasferito al patriarcato titolare di Alessandria d’Egitto e a Milano fu mandato il nuovo arcivescovo, mons. Luigi Nazari di Calabiana, traslato da Casale Monferrato, il quale era anche senatore del regno.
Quando egli chiese ospitalità a Seregno, declinando inviti a posti di responsabilità nella curia romana, si iniziò per il modesto paese brianzolo un periodo di storia eccezionale. Infatti per quasi 30 anni, dal 3 luglio 1868 al 27 marzo 1897, quando il Ballerini morì, Seregno divenne sede del patriarca e la sua chiesa prepositurale di S. Giuseppe assurse in pratica alla dignità di una cattedrale dove il prelato celebrava abitualmente le solenni liturgie, con quale entusiastica partecipazione di popolo è facile immaginare. Seregno divenne, allora, per tutto il mondo ecclesiastico, un nome significativo; ed ancor oggi per chi voglia studiare i difficili rapporti tra la Chiesa e lo Stato nella seconda metà del XIX secolo, la vicenda del patriarca Ballerini, respinto e ingiuriato da troppi faziosi nella sua stessa diocesi, accolto invece a Seregno con venerazione, umile ma incrollabile, rappresenta un capitolo pieno di interesse.
Un altro avvenimento di rilievo per la storia della prepositurale di Seregno avvenne durante la prevostura del Comelli. La chiesa, aperta al pubblico con la solenne benedizione del 6 maggio 1781, non era stata poi consacrata, o, come si usa dire nel linguaggio liturgico ‘dedicata’. Il rito solenne della consacrazione è stato, da sempre, riservato alle chiese più importanti, sedi di una pratica liturgica costante, complete in tutti gli accessori necessari. Da tempo, a dir vero, la chiesa di Seregno aveva ormai tutte le qualità per ricevere una simile definitiva destinazione al culto del Signore. È noto però che il ministro ordinario per compiere la funzione è il vescovo. Tra la fine del secolo XVIII e per quasi tutto il seguente, a causa degli avvenimenti che spesso sconvolsero l’Italia e, nel caso nostro, la Lombardia, non si ebbero facili occasioni per la presenza di un vescovo nel paese. Basti osservare come dopo la visita pastorale del cardinale arcivescovo Pozzobonelli del 1744, e quella di un suo delegato dieci anni dopo nel 1754, non si incontra nessun’altra visita pastorale fino a quella compiuta quasi 150 anni dopo dal cardinale arcivescovo Andrea Ferrari nel 1896. Sotto questo aspetto la presenza del Ballerini a Seregno fu risolutiva. Infatti nel 1881, ricorrendo il primo centenario di vita della chiesa di S. Giuseppe, si pensò che fosse giunto il momento di compiere la dedicazione. Veramente, in un primo tempo, si ritenne che potesse venire a compierla lo stesso arcivescovo Calabiana, che fu sempre in cordiali rapporti con il suo predecessore mons. Ballerini, anche se non avevano le stesse idee su aspetti piuttosto politici che religiosi, ma il 1881 fu un anno assai difficile – come ricordano le cronache conservate nell’Archivio Capitolare di Seregno – ed il Calabiana delegò senz’altro il Ballerini a compiere la dedicazione di quella chiesa che era divenuta, in pratica, la sua cattedrale. Fu un atto di fraterna sensibilità episcopale, per cui il 22 settembre 1881 il patriarca dedicò la chiesa di S. Giuseppe, come attestano numerosi documenti dell’epoca.
Il patriarca Ballerini con la sua presenza operosa, favorì tra l’altro anche l’avvio di importanti fondazioni in Seregno quali il monastero delle benedettine adoratrici del SS. Sacramento (passate poi a Ghiffa) e quello dei monaci benedettini olivetani.
Oggi la sua tomba è venerata nella basilica seregnese.

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3. La chiesa di Seregno divenuta collegiata.

Nel 1909 divenne prevosto don Dalmazio Minoretti con il quale Seregno si impose nuovamente come punto di riferimento per molti cattolici italiani: infatti il professor Minoretti proveniva dalla Facoltà teologica di Milano ed era assai noto per il suo insegnamento nel campo delle dottrine sociali, tanto che era già, e continuò ad esserlo, presidente delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. A Seregno fu amato ed ascoltato, ed il prestigio della sua presenza ebbe degno coronamento nella consacrazione episcopale che gli fu conferita dal cardinal Ferrari proprio nella chiesa prepositurale di S. Giuseppe , quando il Minoretti, nel 1916, fu nominato vescovo di Crema; in seguito divenne cardinale arcivescovo di Genova.
Gli subentrò come prevosto don Enrico Ratti. Durante il suo lungo governo pastorale, protrattosi infatti dal 1916 fino al febbraio del 1957, si colloca un altro significativo riconoscimento per la chiesa prepositurale di Seregno. Nel marzo del 1925 il cardinale arcivescovo Eugenio Tosi dà esecuzione, a partire dalla festa di san Giuseppe, alla bolla pontificia con la quale la chiesa di Seregno è elevata alla dignità di collegiata con un proprio capitolo canonicale composto di sei canonici. Anche questa nuova attenzione dell’autorità ecclesiastica per la chiesa di S. Giuseppe, deve essere giustamente interpretata come segno di approvazione e incoraggiamento per l’intensa vita religiosa della parrocchia che aveva sempre il suo centro propulsore nella prepositurale divenuta collegiata.

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4. Nuovi lavori per la sistemazione della collegiata.

Per un lungo periodo di tempo non si poté eseguire alcun considerevole lavoro; ma nel 1908 l’esterno della chiesa, rimasto fino ad allora rustico, fu completato con la facciata in cemento dell’architetto Scanavini, «indubbiamente modesta per il materiale impiegato, ma ancora fedele e proporzionata alle indicazioni originali», secondo il parere degli esperti. Ai più, però, non piacque; e per molto tempo mons. Ratti accarezzò l’idea di dare alla sua chiesa una facciata più degna. L’occasione opportuna si presentò quando, ultimati i lavori per il Santuario di S. Valeria, il prevosto venne a conoscere un progetto che l’architetto Ottavio Cabiati, ormai seregnese di adozione, aveva studiato per dare una ‘fronte’ monumentale alla collegiata di S. Giuseppe. Il 25° di parrocchia del Ratti, celebrato nel 1941, offrì la circostanza propizia per presentare ai seregnesi il progetto che incontrò generali consensi e fu realizzato abbastanza rapidamente se si tiene conto delle difficoltà di quegli anni: il cardinale Schuster nel maggio del 1942 pose la prima pietra per la base delle colossali colonne, che fanno pensare un po’ al Pantheon di Roma, e nel 1944 la nuova facciata del Cabiati fu inaugurata. La soluzione monumentale adottata, con il mosaico nel frontone di Salvatore Saponaro e del mosaicista Giorgio Crapputo, poneva immediatamente il problema del restauro interno della collegiata, appesantita nel frattempo da stucchi e altre sovrastrutture. Lo stesso Cabiati, a conclusione delle pagine descrittive dell’architettura esterna della collegiata, formulava questo auspicio: «La generosità dei seregnesi provvederà certo, sia pure in tempi migliori, a questo completamento e a tutti i lavori necessari per il maggior decoro della collegiata».
I tempi migliori maturarono con il nuovo prevosto, mons. Bernardo Citterio, successo al Ratti nel giugno del 1957. Affrontò ben presto anche il grave problema del restauro interno della chiesa, coinvolgendovi tutta la popolazione: si discusse allora di tutto, e vi fu chi prospettò l’ipotesi di riprendere addirittura il grandioso progetto del Pini del secolo XVIII, come non mancarono – seppure in netta minoranza – coloro che proposero soluzioni più drastiche. Prevalse, come scrive Ernesta Marforio, ‘il partito moderato’: «il progetto di restauro fu affidato all’architetto Luigi Brambilla, che raccoglieva, dopo esserne stato collaboratore, l’eredità di Ottavio Cabiati. L’architetto Brambilla si accinse perciò dapprima a ristabilire all’esterno l’equilibrio tra l’imponente facciata, innestata nei poderosi muri perimetrali, e il modesto tamburo retrostante con copertura a falde. Elevò quest’ultimo fino a m. 8.10 e ideò come copertura una cupola che portava l’altezza massima di tutto l’impianto architettonico a m. 38». Saranno questi, detti in sintesi, i lavori ultimati e inaugurati nel 1975, dal prevosto mons. Luigi Gandini che era subentrato a mons. Citterio nella primavera del 1964.

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5. L’elevazione della collegiata all’onore di basilica (11 maggio 1981).

Occorre riandare agli avvenimenti del 1960, quando si progettò il restauro interno della collegiata. Come si è appena detto , i pareri furono diversi; ogni soluzione prospettata, comunque, era sempre assai impegnativa. Il prevosto Citterio, da poco a Seregno, aveva avuto occasione di parlarne con il cardinale arcivescovo Giovanni Battista Montini, che, del resto, si era già reso conto della situazione in occasione della prima visita pastorale compiuta a Seregno. È di grande interesse rileggere quanto mons. Citterio comunicava ai parrocchiani nel Bollettino «L’amico della famiglia» del marzo 1960: «La grandiosità dell’opera impegna tutti! Nella sua paterna e generosa bontà l’Eminentissimo cardinale arcivescovo, in una recente udienza, ha benedetto con effusione di cuore i nostri propositi rinnovatori ed ha confermato una promessa da lui benignamente fatta, dopo la visita pastorale: una volta compiuti i lavori di restauro, Egli impetrerà dal Santo Padre che la collegiata venga elevata alla dignità di Basilica Romana». È appena il caso di sottolineare l’importanza di una simile testimonianza. Il cardinale Montini nei pur rapidi contatti che ebbe con Seregno durante gli anni della sua permanenza a Milano come arcivescovo (1955-1963), aveva evidentemente colto il valore religioso che si esprimeva nella collegiata. Non è da pensare che, persona prudente e scrupolosa qual era, si fosse lasciato andare a promettere erezioni di basiliche ogni qual volta avesse incontrato nelle sue peregrinazioni apostoliche una chiesa da restaurare o da edificare. Se nel caso di Seregno si impegnò fino a ribadire la sua promessa per un riconoscimento che non era di ordinaria amministrazione e che, inoltre, imponeva alla chiesa che ne era destinataria anche precisi doveri, vuol dire che comprese e apprezzò le nobili tradizioni che erano state vissute in quasi due secoli nella collegiata seregnese, ed inoltre intuì le possibilità che la stessa comunità parrocchiale avrebbe saputo esprimere davanti a tutta la Chiesa diocesana.
È noto come poi si siano svolte le vicende, assai più grandi di Seregno: il cardinale Montini, nel conclave del giugno 1963 divenne Paolo VI; per una serie di combinazioni l’effetto di questa elezione papale si ripercosse a Seregno, perché al cardinale Montini successe sulla cattedra di sant’Ambrogio mons. Giovanni Colombo, rettore maggiore dei seminari milanesi, e al suo posto fu chiamato il prevosto di Seregno. Si ebbe, per tale via, una successione nella prepositurale di S. Giuseppe; e il nuovo prevosto, mons. Gandini, ereditò da mons. Citterio anche il compito di portare a termine il restauro interno della collegiata. Non è stato – si è appena detto – un compito né semplice, né di breve durata.
Ma quando, nel 1976, dopo la celebrazione dell’Anno Santo, i lavori di restauro, avviati nel 1960, parvero finalmente terminati, a mons. Prevosto tornò in mente quella pagina scritta dal suo predecessore nel bollettino parrocchiale del marzo 1960. I restauri erano finiti; la parrocchia si era impegnata senza riserve. Chi aveva promesso di chiedere al papa la elevazione a basilica ora era in grado di decidere di sua iniziativa. La pratica fu avviata dal Prevosto Gandini nel 1976: nell’archivio capitolare si conserva la documentazione in proposito. Tuttavia alla storia della collegiata di Seregno, insigne ormai per le sue strutture architettoniche e per le opere d’arte che la ornano, veneranda perché accoglie la tomba del patriarca Ballerini, soprattutto viva per la intensa partecipazione dei seregnesi alla vita parrocchiale, mancava ancora una pagina. Tento di tracciarla appena, in poche righe.
Allorché alla fine del secondo conclave del 1978 fu annunciato al mondo che il nuovo papa, Giovanni Paolo II, era il cardinale arcivescovo di Cracovia, per un momento tutti rimasero sorpresi e incerti. Una sorpresa, a dir vero, che durò pochi minuti, perché bastò un «Sia lodato Gesù Cristo» per riprendere il dialogo che il mondo intero aveva appena avviato con il sorriso del suo predecessore. Ma quello stupore era ben giustificato: era lo stupore della storia che ormai da più di quattro secoli si era abituata a trattare con papi italiani. Stupore, si può dire, per tutto il mondo, ma non per il clero e il popolo di Seregno che da tempo conoscevano e amavano il cardinale Carlo Wojtyla. Era stato più volte a Seregno, nel settembre del 1963, nel novembre del 1964 e il 30 settembre 1973, a seguito di una amicizia nata tra la sua diocesi e la parrocchia di S. Giuseppe al tempo del Concilio; alla chiesa seregnese aveva donato anche una reliquia del martire san Floriano. Quando il 25 novembre 1978, a pochi mesi dalla elezione, Giovanni Paolo II, divenuto vescovo di Roma e primate d’Italia, ricevette in udienza il pellegrinaggio seregnese guidato da mons. Prevosto, riconobbe d’aver mosso i primi passi nella Chiesa Italiana attraverso la collegiata di Seregno, e donando ai pellegrini un quadro della Madonna di Czestochowa disse apertamente: «Voglio che l’immagine di questa Madonna sia conservata nella parrocchia di Seregno». L’intero discorso pronunciato dal Santo Padre in quella occasione si può leggere nell’«Amico della Famiglia» del dicembre 1978.
Finalmente l’11 maggio 1981, mentre si celebravano due importanti giubilei per la basilica seregnese – il 2° centenario della sua inaugurazione e il 1° della sua dedicazione – il Santo Padre firmava il breve «Semper quidem Ecclesia catholica» con il quale elevava la stessa collegiata alla dignità di basilica romana minore.
Il 27 settembre di quello stesso anno, a conclusione della annuale festa del Crocifisso, l’arcivescovo di Milano, mons. Carlo Maria Martini, sulla piazza antistante la chiesa, davanti al clero, alle autorità e alla popolazione accorsa numerosa, dette lettura del breve pontificio dell’11 maggio. Seguì il discorso dell’arcivescovo sul significato spirituale della basilica e lo concluse con una toccante preghiera alla Madonna: «Sii per questo popolo credente – sono le ultime parole – un segno di speranza e di fede: come questa notte, così possa il segno di Maria e la gloria di Giuseppe essere un segno e una fiaccola per questa città».

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6. La visita del Santo Padre Giovanni Paolo II alla basilica di Seregno (21 maggio 1983).

Nel maggio del 1983 si celebrava a Milano il 20° Congresso Eucaristico Nazionale: la visita del papa a Milano per partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia era inserita nel programma già diffuso nella diocesi e in tutta Italia. Dal Papa venne direttamente il desiderio di inserire in questa occasione anche una visita a Seregno. «In considerazione dei particolari e ripetuti rapporti che, prima ancora della sua elezione alla Cattedra di Pietro, ha avuto con la tua comunità parrocchiale, il Sommo Pontefice desidera sostare a Seregno in occasione della sua visita pastorale a Milano nel prossimo maggio». Così scriveva il Vicario Episcopale del Congresso Eucaristico, mons. Ernesto Basadonna, al prevosto mons. Gandini nei primi giorni dell’anno del Congresso, 1983. Il prevosto ne dava subito l’annuncio alla popolazione: «Il Papa ha mantenuto una promessa fatta nei primi giorni del suo pontificato a mons. Prevosto che si era recato in Vaticano ad esprimergli la gioia dell’intera città per la sua elevazione alla Cattedra di Pietro».
La notizia ufficiale della visita del Papa suscitò entusiasmo nella popolazione. La preparazione spirituale e organizzativa fu intensa, a vari livelli tutte le categorie furono coinvolte. Intanto lo scultore cittadino Antonio De Nova preparò la statua di bronzo che, collocata sul piazzale antistante la chiesa avrebbe ricordato la visita del Papa a Seregno, «messaggero di gioia che annuncia la salvezza, pellegrino sulle vie del mondo».
Il Sommo Pontefice giungeva a Seregno nella mattinata del 21 maggio. Tutto era stato predisposto, compreso un accurato servizio di ordine. Il Papa giunse da Desio, dove si era fermato per ricordare il suo predecessore Pio XI, nato a Desio. L’accoglienza ufficiale avvenne davanti alla basilica gremita di fedeli, ma accuratamente selezionati perché dovevano veramente rappresentare tutte le componenti della numerosa famiglia parrocchiale. Il Papa era accompagnato da alcuni prelati della Segreteria di Stato, dal suo segretario don Stanislao ben conosciuto a Seregno, dal cardinale Martini e da mons. Citterio. Entrati nella chiesa dove più volte aveva celebrato la messa e che lui stesso aveva elevato alla dignità di basilica, il Santo Padre si raccolse in preghiera, in un momento denso di ricordi. Poi parlò ai carissimi fratelli e sorelle di Seregno: «Vi ringrazio – disse – vivamente per la calorosa ed amabile accoglienza in questa ospitale città di Seregno, a cui sono legato da una lunga consuetudine di affettuosa amicizia».
Il Papa sottolineò che per lui era un ritorno, rievocando i precedenti incontri, a cominciare dal primo, nel 1963. Nel discorso invitò i seregnesi a tenere alto il prestigio che derivava loro da nobili ideali con una vita esemplare.
La stampa ha dato grande rilievo ai vari momenti della visita papale: un giorno – come è stato scritto – che segnerà la storia di Seregno, forse non ripetibile!

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7. Il passaggio dal prevosto mons. Luigi Gandini al prevosto mons. Silvano Motta e la definitiva sistemazione della basilica.

L’anno 1995 portò a Seregno un clima di festa per la celebrazione del 50° di sacerdozio del prevosto mons. Luigi Gandini che nel frattempo era stato nominato dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II «protonotario apostolico sopranumerario», ed aveva ricevuto le insegne della nuova dignità ecclesiale, croce pettorale e anello, dalle mani del Papa che gliene fece dono durante la messa concelebrata nella cappella dell’appartamento papale. Mons. Gandini, nato a Castello di Lecco il 29 marzo 1922; il 26 maggio 1945 era stato ordinato sacerdote dal cardinale I. Schuster, oggi venerato come beato.
All’inizio della Quaresima di quell’anno della sua messa d’oro, il 5 marzo 1995, a tutte le messe domenicali il prevosto commentò un passo del libro della Genesi (1,1.26-31): «In attesa di cieli nuovi e terra nuova». Ma le solenni celebrazioni si tennero in maggio e culminarono nella solenne concelebrazione della domenica 21 maggio in una basilica ornata a festa, gremita di fedeli. Don Armando Cattaneo pronunciò l’omelia: «Un prete vero perché uomo vero».
Seguirono altre celebrazioni e finalmente nei primi giorni di luglio il prevosto poté recarsi per un po’ di riposo in Val Masino (Sondrio); non sarebbe più tornato! Il 10 luglio, dopo 50 anni di fedele sacerdozio e 31 di appassionato servizio alla chiesa seregnese, all’improvviso il Signore lo chiamava al premio eterno. I funerali si svolsero il 13 luglio, presieduti dal Vicario generale Mons. Giudici; vi partecipò, commossa, una folla numerosa e orante.
A guidare la comunità parrocchiale, in attesa di un nuovo prevosto, fu designato come vicario don Marco Re, ben noto ai seregnesi perché dal 1962 fino al settembre 1974 era stato Rettore del Collegio Ballerini. Lo stesso vicario nel pomeriggio della domenica 8 ottobre 1995 poteva comunicare ai fedeli riuniti in basilica per la messa vespertina che il cardinale arcivescovo aveva nominato nuovo prevosto il sacerdote don Silvano Motta, parroco di Valmadrera. Originario di Brivio, già segretario del cardinale Giovanni Colombo e poi amministratore del seminario di S. Pietro a Seveso, il nuovo prevosto fece il suo ingresso il 12 novembre; disse: «Sono qui per essere il pastore di tutti». L’attività di mons. Silvano Motta ha portato non poche novità sia sul versante pastorale, sia su quello delle strutture.
Ma a conclusione di queste note sulle vicende della basilica seregnese si deve ricordare la riforma strutturale introdotta proprio nella basilica portando l’altare maggiore quasi al centro della rotonda per esigenze liturgiche: l’altare diveniva maggiormente visibile da tutti i fedeli e ben simboleggiava la funzione centrale che svolge nella celebrazione eucaristica. Dopo una prima sistemazione provvisoria, i lavori furono eseguiti con il necessario decoro e il sabato 18 dicembre 1999 il cardinale Martini consacrava il nuovo altare, opera dello scultore Floriano Bodini. Il 27 dicembre dello stesso anno, sul nuovo altare presiedeva la concelebrazione eucaristica in apertura dell’anno giubilare del 2000 il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Genova. Presenza significativa perché nella sede metropolitana di Genova il cardinale, originario della Brianza, era successore del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, prevosto di Seregno dal 1909 al 1916. Intanto il nuovo presbiterio si arricchiva di un ambone per l’annuncio della Parola di Dio e di una sede per il sacerdote celebrante. Entrambe opere dello stesso Bodini, scultore ben noto in campo nazionale per le sue opere di carattere religioso, vennero benedette durante la solenne veglia pasquale del 22 aprile 2000. Con questa data si può dire concluso il lungo cammino del tempio seregnese di San Giuseppe, iniziato nel lontano agosto 1769, quando fu posta la prima pietra. Una storia – ormai si può usare questa parola – una storia lunga, ricca di momenti lieti ma anche sofferti, come del resto è la vita di ogni cristiano. Così è stato per la basilica di San Giuseppe di Seregno, che oggi, completa in tutte le sue strutture, rappresenta tra le moltissime chiese della Brianza, un monumento significativo nella storia della fede e dell’arte.

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NOTA BIBLIOGRAFICA

I contributi dedicati alla storia della chiesa di San Giuseppe sono stati segnalati nel volume La basilica collegiata di San Giuseppe in Seregno. Lineamenti storici e documentazione, a cura di G. Picasso (Seregno 1982). Da allora, per la figura del primo progettatore, si distingue l’ampio studio di C. Mariani, Il padre Ermenegildo Pini e il primo pantheon lombardo: la parrocchiale di San Giuseppe a Seregno, «Barnabiti Studi», 13, 1996, pp. 133-238. Notizie utili anche nei contributi pubblicati nel volume Seregno. Una comunità di Brianza nella storia (secoli XI – XX), a cura di G. Picasso e M. Tagliabue (Seregno 1994), specialmente, per la parte artistica, nel saggio di S. Gatti, L’arte: testimonianze e figure (secoli XVI – XIX), pp. 271-338. Sulla visita papale (21 maggio 1983) ampia documentazione, anche fotografica, nel n. 5-6, maggio-giugno 1983, del «L’amico della famiglia», bollettino delle parrocchie di Seregno; ma già per i precedenti rapporti v. L. Losa, Per Seregno Woityla è un «Papa di casa», «Diocesi di Milano. Terra Ambrosiana», 19, 1978, pp. 463-465. Sul patriarca Ballerini, v. Paolo Angelo Ballerini, arcivescovo di Milano (1859-1867) (Atti della Giornata di studio in occasione del I centenario della morte, 1897-1997, Milano, 22 marzo 1997), saggi raccolti da G. Picasso, Milano 1998 (Archivio Ambrosiano, 77), specialmente il contributo di C. Cattaneo, Operosità del patriarca nel lungo periodo seregnese, pp. 139-172. Approfondimenti sull’altare nei contributi pubblicati nel volume L’altare di Floriano Bodini nella basilica di Seregno, a cura di C. Mariani (Seregno 2001). Altre utili indicazioni per la storia della basilica sono citate nelle opere indicate.

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