La Basilica
Le origini della basilica prepositurale di Seregno, dedicata a san Giuseppe, ci riportano alla seconda metà del Settecento, quando dal governo austriaco che allora dominava anche sull’antico territorio del ducato di Milano, fu decisa, in accordo con l’arcivescovo di Milano, che era allora il cardinale Giuseppe Pozzobonelli, la costruzione di una chiesa parrocchiale, unica per tutto il borgo e dedicata a san Giuseppe. La decisione è quanto meno sorprendente perché nella medesima circostanza era stato decretato di abbattere le due chiese parrocchiali preesistenti, una – la più antica e la più importante – dedicata al martire san Vittore, titolare del vicino e prestigioso monastero benedettino femminile di Meda, e l’altra più recente, ma essa pure di origini medievali, intitolata a sant’Ambrogio. A questo punto la vicenda diventa persino curiosa, ma è stata ricomposta con la necessaria documentazione, anche in opere abbastanza recenti, alle quali rimandiamo il lettore. Qui basti dire che da almeno due secoli i due centri di vita parrocchiale, sedi di proprie confraternite (i cosiddetti rossi a S. Vittore e i bianchi a S. Ambrogio) erano tra loro in contesa, evidentemente per un malinteso senso di orgoglio religioso, giungendo a manifestazioni che preoccuparono specialmente l’autorità religiosa, senza lasciare indifferente, per ragione di ordine pubblico, il governo austriaco, che si era insediato a Milano nel 1748, a seguito del trattato di Aquisgrana, ed intendeva promuovere una politica di sviluppo sociale che presupponeva anche una ridistribuzione più funzionale dei beni ecclesiastici. Ma a Seregno non si trattava soltanto di questo: occorreva riportare nel borgo quella pace religiosa che neppure i provvedimenti adottati dei due celebri arcivescovi di Milano, san Carlo Borromeo e il cardinale Federico, suo cugino, erano riusciti a ottenere. San Carlo fu in visita pastorale a Seregno nel 1579; il cardinale Federico, di manzoniana memoria, nel 1604. L’uno e l’altro, preoccupati della situazione religiosa del borgo avevano emanato decreti che avrebbero dovuto riportare pace negli animi dei seregnesi; ma non fu così. Il rimedio venne soltanto con la soppressione delle due chiese e delle due confraternite. Espressione di questa instaurata unità doveva essere una nuova chiesa, edificata a metà strada tra le due precedenti che dovevano sparire: quelle erano state, loro malgrado, segno di divisione, la nuova doveva essere simbolo dell’unione di tutti i fedeli, attorno ad un parroco e ad un battistero con una liturgia unica per tutte le feste, celebrate nella nuova chiesa.
Al Colombo, primo prevosto di Seregno, successe nel 1854 il sac. Saverio Comelli: il quale durante il trentennale governo della prepositura ebbe la sorte – ma anche il merito – di accogliere a Seregno, nella sua parrocchia, il 3 luglio 1868 il patriarca titolare di Alessandra d’Egitto, mons. Paolo Angelo Ballerini, reduce da una tristissima e lunga vicenda che gli impedì di prendere possesso della sede arcivescovile di Milano alla quale era stato canonicamente eletto dal papa Pio IX nel concistoro del 20 giugno 1859, a seguito della designazione fatta dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, in base al concordato tra la Santa Sede e l’Austria del 1855.
Nel 1909 divenne prevosto don Dalmazio Minoretti con il quale Seregno si impose nuovamente come punto di riferimento per molti cattolici italiani: infatti il professor Minoretti proveniva dalla Facoltà teologica di Milano ed era assai noto per il suo insegnamento nel campo delle dottrine sociali, tanto che era già, e continuò ad esserlo, presidente delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. A Seregno fu amato ed ascoltato, ed il prestigio della sua presenza ebbe degno coronamento nella consacrazione episcopale che gli fu conferita dal cardinal Ferrari proprio nella chiesa prepositurale di S. Giuseppe , quando il Minoretti, nel 1916, fu nominato vescovo di Crema; in seguito divenne cardinale arcivescovo di Genova.
Per un lungo periodo di tempo non si poté eseguire alcun considerevole lavoro; ma nel 1908 l’esterno della chiesa, rimasto fino ad allora rustico, fu completato con la facciata in cemento dell’architetto Scanavini, «indubbiamente modesta per il materiale impiegato, ma ancora fedele e proporzionata alle indicazioni originali», secondo il parere degli esperti. Ai più, però, non piacque; e per molto tempo mons. Ratti accarezzò l’idea di dare alla sua chiesa una facciata più degna. L’occasione opportuna si presentò quando, ultimati i lavori per il Santuario di S. Valeria, il prevosto venne a conoscere un progetto che l’architetto Ottavio Cabiati, ormai seregnese di adozione, aveva studiato per dare una ‘fronte’ monumentale alla collegiata di S. Giuseppe. Il 25° di parrocchia del Ratti, celebrato nel 1941, offrì la circostanza propizia per presentare ai seregnesi il progetto che incontrò generali consensi e fu realizzato abbastanza rapidamente se si tiene conto delle difficoltà di quegli anni: il cardinale Schuster nel maggio del 1942 pose la prima pietra per la base delle colossali colonne, che fanno pensare un po’ al Pantheon di Roma, e nel 1944 la nuova facciata del Cabiati fu inaugurata. La soluzione monumentale adottata, con il mosaico nel frontone di Salvatore Saponaro e del mosaicista Giorgio Crapputo, poneva immediatamente il problema del restauro interno della collegiata, appesantita nel frattempo da stucchi e altre sovrastrutture. Lo stesso Cabiati, a conclusione delle pagine descrittive dell’architettura esterna della collegiata, formulava questo auspicio: «La generosità dei seregnesi provvederà certo, sia pure in tempi migliori, a questo completamento e a tutti i lavori necessari per il maggior decoro della collegiata».
Occorre riandare agli avvenimenti del 1960, quando si progettò il restauro interno della collegiata. Come si è appena detto , i pareri furono diversi; ogni soluzione prospettata, comunque, era sempre assai impegnativa. Il prevosto Citterio, da poco a Seregno, aveva avuto occasione di parlarne con il cardinale arcivescovo Giovanni Battista Montini, che, del resto, si era già reso conto della situazione in occasione della prima visita pastorale compiuta a Seregno. È di grande interesse rileggere quanto mons. Citterio comunicava ai parrocchiani nel Bollettino «L’amico della famiglia» del marzo 1960: «La grandiosità dell’opera impegna tutti! Nella sua paterna e generosa bontà l’Eminentissimo cardinale arcivescovo, in una recente udienza, ha benedetto con effusione di cuore i nostri propositi rinnovatori ed ha confermato una promessa da lui benignamente fatta, dopo la visita pastorale: una volta compiuti i lavori di restauro, Egli impetrerà dal Santo Padre che la collegiata venga elevata alla dignità di Basilica Romana». È appena il caso di sottolineare l’importanza di una simile testimonianza. Il cardinale Montini nei pur rapidi contatti che ebbe con Seregno durante gli anni della sua permanenza a Milano come arcivescovo (1955-1963), aveva evidentemente colto il valore religioso che si esprimeva nella collegiata. Non è da pensare che, persona prudente e scrupolosa qual era, si fosse lasciato andare a promettere erezioni di basiliche ogni qual volta avesse incontrato nelle sue peregrinazioni apostoliche una chiesa da restaurare o da edificare. Se nel caso di Seregno si impegnò fino a ribadire la sua promessa per un riconoscimento che non era di ordinaria amministrazione e che, inoltre, imponeva alla chiesa che ne era destinataria anche precisi doveri, vuol dire che comprese e apprezzò le nobili tradizioni che erano state vissute in quasi due secoli nella collegiata seregnese, ed inoltre intuì le possibilità che la stessa comunità parrocchiale avrebbe saputo esprimere davanti a tutta la Chiesa diocesana.
Nel maggio del 1983 si celebrava a Milano il 20° Congresso Eucaristico Nazionale: la visita del papa a Milano per partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia era inserita nel programma già diffuso nella diocesi e in tutta Italia. Dal Papa venne direttamente il desiderio di inserire in questa occasione anche una visita a Seregno. «In considerazione dei particolari e ripetuti rapporti che, prima ancora della sua elezione alla Cattedra di Pietro, ha avuto con la tua comunità parrocchiale, il Sommo Pontefice desidera sostare a Seregno in occasione della sua visita pastorale a Milano nel prossimo maggio». Così scriveva il Vicario Episcopale del Congresso Eucaristico, mons. Ernesto Basadonna, al prevosto mons. Gandini nei primi giorni dell’anno del Congresso, 1983. Il prevosto ne dava subito l’annuncio alla popolazione: «Il Papa ha mantenuto una promessa fatta nei primi giorni del suo pontificato a mons. Prevosto che si era recato in Vaticano ad esprimergli la gioia dell’intera città per la sua elevazione alla Cattedra di Pietro».
L’anno 1995 portò a Seregno un clima di festa per la celebrazione del 50° di sacerdozio del prevosto mons. Luigi Gandini che nel frattempo era stato nominato dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II «protonotario apostolico sopranumerario», ed aveva ricevuto le insegne della nuova dignità ecclesiale, croce pettorale e anello, dalle mani del Papa che gliene fece dono durante la messa concelebrata nella cappella dell’appartamento papale. Mons. Gandini, nato a Castello di Lecco il 29 marzo 1922; il 26 maggio 1945 era stato ordinato sacerdote dal cardinale I. Schuster, oggi venerato come beato.
- Basilica S. Giuseppe
- Orari nella Parrocchia della Basilica